Si allega il comunicato dell’Istat sulle stime preliminari della povertà in Italia nell’anno 2023. Stando ai dati preliminari nel 2023 le famiglie in povertà assoluta erano l’8,5% del totale delle famiglie residenti equivalenti a circa 5,7 milioni di persone. Si tratta del record storico dal 2005, anno di inizio delle rilevazioni statistiche. Ma l’Istat sottolinea anche che la situazione è rimasta sostanzialmente invariata. Infatti a questo lieve incremento (9,8 % delle famiglie in povertà assoluta nell’anno 2023 rispetto al 9,7% del 2022) si aggiunge il dato sull’intensità della povertà assoluta a livello nazionale che è rimasto uguale all’anno precedente (18,2%). Va inoltre considerato che secondo un report presentato dall’Istat agli inizi di marzo sarebbe lievemente calata (dal 20% al 18,8%) la popolazione a rischio povertà. Naturalmente si sprecano le interpretazioni a livello mediatico e le strumentalizzazioni in chiave politica di questi dati. C’è chi enfatizza il fatto che si tratta del record storico della povertà assoluta oppure chi sottolinea che il rischio povertà è sceso per effetto di misure (l’assegno unico per i figli a carico, il reddito di cittadinanza e il taglio del cuneo fiscale) che erano state introdotte prima dell’insediamento dell’attuale governo. E c’è chi invece si appella all’insieme dei dati aggiungendo che l’attuale governo ha ampliato per il 2024 il taglio del cuneo fiscale e che l’impatto della nuova misura dell’assegno di inclusione che ha sostituito il reddito di cittadinanza è tutta da verificare. Insomma sono bastate queste stime preliminari per generare un animato dibattito sulle responsabilità dell’attuale governo rispetto alla situazione della povertà in Italia. Ma basta guardare alla tendenza generale del fenomeno (grafico 2 a pagina 3 sull’incidenza della povertà assoluta dal 2014 al 2023) per comprendere che è meglio non fossilizzarsi troppo sul qui e ora. O al limite non andrebbe tenuto troppo sullo sfondo un altro dato che viene riportato in questo comunicato e che invece sembra particolarmente pregnante. E cioè quello dell’evidente peggioramento delle famiglie con reddito sostanzialmente derivante da lavoro dipendente che sono passate dall’8,3% del 2022 al 9,1% del 2023. E cioè ci dovremmo chiedere come mai alcune categorie si impoveriscono mentre altre, vista la sostanziale stabilità della situazione, si arricchiscono.

ISTAT – STIME PRELIMINARI POVERTÀ ANNO 2023