La “cedolare secca” è un regime facoltativo, che si sostanzia nel pagamento di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali (per la parte derivante dal reddito dell’immobile). In più, per i contratti sotto cedolare secca non andranno pagate l’imposta di registro e l’imposta di bollo, ordinariamente dovute per registrazioni, risoluzioni e proroghe dei contratti di locazione. La cedolare secca non sostituisce l’imposta di registro per la cessione del contratto di locazione.

La scelta per la cedolare secca implica la rinuncia alla facoltà di chiedere, per tutta la durata dell’opzione, l’aggiornamento del canone di locazione, anche se è previsto nel contratto, inclusa la variazione accertata dall’Istat dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati dell’anno precedente. È possibile optare per la cedolare secca sia alla registrazione del contratto sia negli anni successivi, in caso di affitti pluriennali. Quando l’opzione non viene esercitata all’inizio, la registrazione segue le regole ordinarie; in questo caso, le imposte di registro e di bollo sono dovute e non sono più rimborsabili. In caso di proroga del contratto, è necessario confermare l’opzione della cedolare secca contestualmente alla comunicazione di proroga. La conferma dell’opzione deve essere effettuata entro 30 giorni dalla scadenza del contratto o di una precedente proroga.

Possono optare per il regime della cedolare secca le persone fisiche titolari del diritto di proprietà o del diritto reale di godimento (per esempio, usufrutto), che non locano l’immobile nell’esercizio di attività di impresa o di arti e professioni.

Può optare per la cedolare secca al 21% anche chi si avvale del regime delle locazioni brevi. Per contratto di locazione breve si intende un contratto di locazione di immobile a uso abitativo, di durata non superiore a 30 giorni, stipulato da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa. A esso sono equiparati i contratti di sublocazione e quelli di concessione in godimento a terzi a titolo oneroso da parte del comodatario. Dal 2021 l’applicabilità è prevista solo se nell’anno si destinano a questa finalità al massimo quattro appartamenti; oltre tale soglia, l’attività, da chiunque esercitata, si considera svolta in forma imprenditoriale.

L’opzione può essere esercitata per unità immobiliari appartenenti alle categorie catastali da A1 a A11 (esclusa l’A10 – uffici o studi privati) locate a uso abitativo e per le relative pertinenze, locate congiuntamente all’abitazione, oppure con contratto separato e successivo rispetto a quello relativo all’immobile abitativo, a condizione che il rapporto di locazione intercorra tra le medesime parti contrattuali, nel contratto di locazione della pertinenza si faccia riferimento a quello di locazione dell’immobile abitativo e sia evidenziata la sussistenza del vincolo pertinenziale con l’unità abitativa già locata.

In caso di contitolarità dell’immobile l’opzione deve essere esercitata distintamente da ciascun locatore.

I locatori contitolari che non esercitano l’opzione sono tenuti al versamento dell’imposta di registro calcolata sulla parte del canone di locazione loro imputabile in base alle quote di possesso. Deve essere comunque versata l’imposta di bollo sul contratto di locazione.

L’imposta di registro deve essere versata per l’intero importo stabilito nei casi in cui la norma fissa l’ammontare minimo dell’imposta dovuta.

Il regime della cedolare non può essere applicato ai contratti di locazione conclusi con conduttori che agiscono nell’esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo, indipendentemente dal successivo utilizzo dell’immobile per finalità abitative di collaboratori e dipendenti.

L’opzione comporta l’applicazione delle regole della cedolare secca per l’intero periodo di durata del contratto (o della proroga) o, nei casi in cui l’opzione sia esercitata nelle annualità successive alla prima, per il residuo periodo di durata del contratto.

Il locatore ha comunque la facoltà di revocare l’opzione in ciascuna annualità contrattuale successiva a quella in cui è stata esercitata. Così come è sempre possibile esercitare nuovamente l’opzione, nelle annualità successive alla revoca, rientrando nel regime della cedolare secca.

La revoca deve essere effettuata entro 30 giorni dalla scadenza dell’annualità precedente e comporta il versamento dell’imposta di registro, eventualmente dovuta.

In caso di proroga del contratto, è necessario confermare l’opzione della cedolare secca contestualmente alla comunicazione di proroga. La conferma dell’opzione deve essere effettuata nel termine previsto per il versamento dell’imposta di registro, cioè entro 30 giorni dalla scadenza del contratto o di una precedente proroga. In caso di risoluzione del contratto, l’imposta di registro non è dovuta se tutti i locatori hanno optato per il regime della cedolare secca. Tuttavia, è necessario comunicare la risoluzione anticipata presentando all’ufficio dove è stato registrato il contratto, il modello RLI debitamente compilato.

L’imposta sostitutiva si calcola applicando un’aliquota del 21% sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti.

Il contratto di locazione ad uso abitativo di natura transitoria è regolamentato dall’articolo 5 della Legge n. 431 del 1998, dedicata alla “Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo”.

Tale articolo, per la verità, si concentra unicamente sugli affitti agli studenti universitari, stabilendo che “Possono essere stipulati contratti di locazione per soddisfare le esigenze abitative di studenti universitari sulla base di contratti-tipo” indicano inoltre “È facoltà dei comuni sede di università o di corsi universitari distaccati, eventualmente d’intesa con comuni limitrofi, promuovere specifici accordi locali per la definizione di contratti-tipo relativi alla locazione di immobili ad uso abitativo per studenti universitari”.

Il contratto di locazione ad uso transitorio deve avere per legge una durata compresa tra 1 e 18 mesi. Se la durata supera i 30 giorni, il locatore deve registrare il contratto entro i 30 giorni successivi, fornendo tutta la documentazione al conduttore e all’amministratore del condominio (a patto che l’abitazione sia un appartamento parte di un condominio).

Quali sono i casi in cui tale contratto può essere stipulato? In caso l’inquilino si sia dovuto trasferire temporaneamente per motivi di studio o di lavoro, oppure se non ha a disposizione la sua casa perché in fase di ristrutturazione o colpita da calamità, se deve assistere un familiare per problemi di salute, oppure se necessita di un alloggio temporaneo a seguito di una separazione. Le esigenze di natura turistica sono dunque escluse.

Una particolare tipologia di contratto di locazione ad uso transitorio riguarda le esigenze abitative degli studenti universitari. Con tali contratti, il locatore mette a disposizione di uno o più studenti un immobile ad uso abitativo, situato nel Comune sede dell’Università o in un Comune limitrofo.

In questo caso, il contratto deve avere una durata compresa tra i 6 e i 36 mesi, inoltre deve contenere l’espresso riferimento al fatto che il conduttore fuori sede è iscritto a un corso universitario presso la locale Università, debitamente indicato nel contratto di locazione.

Contratto di locazione transitorio: disdetta e rinnovo.

Fatto salvo l’assoluto divieto di sublocare l’immobile oggetto del contratto, il contratto di locazione ad uso abitativo di natura transitoria non è soggetto all’obbligo di disdetta: al termine del periodo stabilito, infatti, cessa in automatico. Se il conduttore intende prolungare il contratto, dovrà comunicare al locatore il perdurare dell’esigenza transitoria (con apposita documentazione da inviare tramite posta raccomandata), chiedendo dunque il rinnovo.

Contratto a canone concordato

Il contratto a canone concordato è un’altra alternativa tra le tante tipologie di affitto che possono essere utilizzate in Italia. La differenza più grande con l’affitto a canone libero è che in questo caso l’ammontare viene determinato dal comune accordo. Soprattutto nelle località con alta intensità abitativa, questa decisione può essere presa anche da associazioni in grado di rappresentare i proprietari dell’immobile e gli affittuari.

Al fine di evitare complicazioni e situazioni spiacevoli, come definizioni errate del canone, sono stati stabiliti alcuni parametri. Infatti tra questi ci sono la tipologia e la condizione dell’immobile, ad esempio nuova costruzione. Inoltre questa fortuna permette di godere di diversi benefici, soprattutto fiscali, in particolare per i locatori.

Per quanto concerne invece la durata del contratto di affitto a canone concordato c’è una differenza con quello libero. Infatti mentre in quest’ultimo caso la durata minima è di 4 anni con un rinnovo di altri 4 anni, nel caso del concordato sono almeno 3 gli anni di affitto. Dopo questo periodo è possibile rinnovare il contratto per ulteriori 2 anni.

Tra la documentazione che il locatore deve fornire al conduttore vi è l’attestazione di prestazione energetica: in caso contrario, le parti saranno soggette entrambe al pagamento di una sanzione amministrativa, con all’obbligo di presentare la dichiarazione o la copia dell’APE entro 45 giorni.

Canone concordato: agevolazioni fiscali per l’affitto

Nella stipula dei nuovi contratti di locazione a canone concordato si deve tenere conto degli accordi territoriali verificando l’obbligatorietà dell’attestazione in luogo dell’autocertificazione.

Al fine di incentivare il mercato delle locazioni, l’articolo 2, comma 3, della Legge n. 431/98 ha introdotto nel nostro ordinamento una tipologia alternativa al classico contratto di locazione stipulato in forma libera con vincolo di durata di quattro anni prorogabile per altri quattro (c.d. “4+4“). Si tratta dei contratti a canone concordato (o convenzionato), per i quali la durata obbligatoria prevista è di tre anni, prorogabili per altri due (c.d. “3+2“).

I contratti di affitto a canone concordato rappresentano, quindi, una particolare tipologia di locazione, in grado di fornire, al verificarsi di determinati requisiti previsti dalla norma, l’applicazione di una serie di agevolazioni fiscali, valide sia per il proprietario che per l’inquilino. Questa tipologia contrattuale prevede che le parti possano aderire a contratti standard, predisposti sulla base degli accordi negoziati tra le organizzazioni dei proprietari e quelle degli inquilini. Questi accordi sono redatti a livello nazionale con una convenzione quadro, la quale determina i criteri generali per la determinazione dei canoni di locazione da recepire poi nella contrattazione territoriale, al fine di individuare aree omogenee per valori di mercato, infrastrutture, tipologie edilizie, etc. Per ognuna di queste aree omogenee viene individuato un valore minimo e massimo del canone di locazione. All’interno di questo range le parti vanno a determinare il valore del canone di locazione da applicare al caso specifico.

Qualora vengano redatti contratti senza l’assistenza di organizzazioni territoriali, l’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 31/E/2018 ha previsto che sia necessaria l’acquisizione dell’attestazione da parte delle organizzazioni territoriali del canone di locazione applicato al contratto.

Al fine di poter validamente sottoscrivere un contratto di locazione a canone concordato è necessario che siano rispettati alcuni requisiti riguardati soprattutto l’immobile oggetto del contratto. In particolare, anche al fine di ottenere le agevolazioni fiscali, è necessario che:

  • Deve essere effettuato il calcolo e l’attestazione del canone concordato da parte di organizzazioni territoriali di proprietari o inquilini;
  • La presenza di un Comune ad alta densità abitativa.

Il canone di locazione dell’unità immobiliare deve essere calcolato, sulla base degli accordi definiti in sede locale tra le organizzazioni dei proprietari e quelle degli inquilini. Si tratta di accordi che derivano dalla convenzione nazionale regolata dal D.M. 30 dicembre 2002. Sulla base di tali accordi viene individuato per ciascuna zona Comunale un valore minimo ed un valore massimo del canone di affitto applicabile, stabilito sulla base ad una serie di parametri:

  • Efficienza del comune, ovvero cosa offre al cittadino in termini di dotazioni infrastrutturali, trasporti pubblici, parchi e giardini, scuole, servizi ospedalieri e attività commerciali;
  • Metratura e dotazioni particolari dell’appartamento;
  • Valori minimi e massimi del canone al metro quadro stabiliti per la zona. Comuni ad Alta Densità Abitativa

I contratti di locazione a canone concordato possono essere stipulati soltanto in uno dei comuni ad alta densità abitativa. Per individuare gli immobili situati nei comuni ad alta densità abitativa si deve far riferimento all’articolo 1 del D.L. n. 551/1988.  Si tratta, in particolare, degli immobili ubicati nei comuni di:

  • Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia, e nei comuni confinanti con gli stessi;
  • Negli altri comuni capoluoghi di provincia;
  • Nei comuni, considerati ad alta tensione abitativa, individuati nella delibera CIPE;
  • Nei comuni della Campania e della Basilicata colpiti dagli eventi tellurici dei primi anni ottanta.

Il risultato finale sarà che il prezzo del canone concordato sarà sicuramente più basso rispetto a quelli di mercato ed inoltre locatore e conduttore avranno diritto ad alcune agevolazioni fiscali.

Agevolazioni fiscali

L’elemento più importante per la scelta di un contratto di affitto a canone concordato riguarda la possibilità di godere di importanti agevolazioni sia per il proprietario che per l’inquilino.

Le agevolazioni previste per i proprietari delle unità immobiliari sono i seguenti:

Riduzione aliquota cedolare secca – In caso di scelta per la tassazione sostitutiva del canone di locazione con cedolare secca (da esercitare con clausola sul contratto, oppure con istanza in caso di rinnovo annuale), l’aliquota di tassazione applicabile sul 100% del canone di locazione, è ridotta dal 21% al 10%. Si tratta di un’agevolazione di notevole impatto che rende molto vantaggiosa per il proprietario la stipula di questo tipo di contratto di locazione;

Immobili locati a Canone Concordato: Riduzione dell’aliquota IMU Del 25%

La stipula di un contratto di locazione a canone concordato presenta dei vantaggi anche sotto il profilo IMU. Infatti, per gli immobili concessi in locazione attraverso un contratto abitativo a canone convenzionato, di cui alla Legge n. 431/98, l’IMU che deve essere applicata prendendo a riferimento l’aliquota prevista dal Comune per la categoria degli “Altri immobili“, è ridotta al 75%. Questa agevolazione è disciplinata dall’art. 1 comma 760 della Legge n. 160/2019. Tale disposizione, di fatto, va a riprendere quella precedentemente in vigore e valida sino al 2019. Anche in questo caso per poter concretamente beneficiare del riconoscimento dell’agevolazione per i contratti concordati, è necessaria l’attestazione, da parte di un’organizzazione firmataria dell’accordo, della rispondenza del contenuto economico e normativo del contratto all’accordo stesso, escludendo la possibilità di autocertificazione dei requisiti.

Nel contratto di locazione a canone convenzionato sono previste agevolazioni fiscali anche per il conduttore (inquilino). Tali agevolazioni sono condizionate dal fatto che il conduttore deve essere intestatario del contratto di locazione di cui alla Legge n. 431/98, articolo 2, comma 3, e l’immobile deve essere adibito ad abitazione principale. Solo al verificarsi di queste due condizioni è possibile beneficiare di una detrazione fiscale valida ai fini Irpef, che deve essere rapportata al periodo dell’anno durante il quale sussiste tale destinazione. La detrazione valida ai fini Irpef, è stabilita nei seguenti importi:

  • 495,80 € qualora il reddito complessivo (comprensivo del reddito assoggettato al regime della cedolare secca) non supera la soglia reddituale di € 15.493,71;
  • 247,90 € qualora il reddito complessivo (comprensivo del reddito assoggettato al regime della cedolare secca) supera la soglia reddituale di € 15.493,71, ma comunque rimane inferiore alla soglia massima di € 30.987,41.

Inoltre, qualora il proprietario abbia deciso di optare per la tassazione del canone di locazione con cedolare secca il conduttore può beneficiare anche del fatto di non vedersi aumentare l’importo del canone di affitto (in relazione agli indici Istat dell’inflazione) per tutto il periodo di applicazione della cedolare secca.

Fonti: Agenzia delle Entrate, quifinanza e fiscomania.com